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Emergenza sanitaria ed opportunità educativa in tempi di coronavirus: uno sguardo sui minori, le famiglie, le scuole

In queste settimane stiamo vivendo una situazione straordinaria e imprevedibile che sta mettendo a dura prova non solo il sistema sanitario, economico, sociale italiano, ma anche la tenuta dei legami educativi, scolastici e famigliari. Lasciamo a parte le vertiginose ricadute economiche (il ricorso ad ammortizzatori sociali) e professionali che coinvolgono anche il nostro settore e che affrontiamo in altri scritti. Oggi posiamo lo sguardo sui sistemi di servizi educativi. Le scuole si stanno organizzando, con tempi e strumenti diversi: piattaforme digitali, lezioni via Skype, compiti caricati su google drive, materiali cartacei, indicazioni sul registro elettronico. I rappresentanti di classe stanno facendo un preziosissimo lavoro di raccordo della comunicazione scuola/famiglia (gruppi WhatsApp ed email che favoriscono flussi di comunicazione fra docenti e famiglie).  Le famiglie stanno creando legami spontanei di solidarietà (famiglie che tengono i figli di chi deve andare a lavorare fuori casa, genitori che fanno fotocopie di compiti e le portano ad altri genitori, etc.).  La tecnologia sta aiutando la comunicazione e creando ponti fra le varie isole e micro comunità, chiamate all’autoisolamento e alla diminuzione di contatti dalle necessarie prescrizioni sanitarie. Basta tutto ciò? Cosa sta accadendo nelle famiglie? Come stanno i minori? La scuola a distanza funziona? Chi ha bisogni educativi speciali è dotato dei facilitatori necessari ad affrontare questa situazione straordinaria? Quanti minori stanno vivendo bisogni educativi speciali temporanei?

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Come esperti di educazione siamo preoccupati di alcuni rischi sociali che stanno attraversando le famiglie e che potrebbero avere ricadute enormi sul successo formativo e sul benessere psico socio educativo dei minori e delle famiglie. Alcuni esempi di problemi che in questa situazione si stanno acuendo e che abbiamo rilevato in queste prime due settimane: aumento esponenziale dell’uso di video giochi (ragazzini attaccati per dieci ore agli schermi), degli stati di ansia (bambini che faticano a dormire), delle conflittualità relazionali fra genitori e figli, disorientamento nell’organizzazione dei tempi e delle modalità di studio (ragazzini che non sanno come studiare, come organizzare i tempi della giornata o non capiscono degli esercizi e vanno in ansia o si ritirano dallo studio).  Sono pochi o sono tanti i ragazzi e i bambini in questa situazione? Come servizi che lavorano nella scuola non lo sappiamo e questo ci disorienta e ci fa suonare campanelli di allarme. Cosa succederebbe se non ci occupassimo di questi problemi educativi e didattici silenti? Alla riapertura fisica delle scuole, questi “nuovi presunti problemi” scompariranno o avranno creato degli ostacoli che inficeranno i percorsi di apprendimento, la tenuta dei legami sociali intra famigliari e comunitari, la crescita psico evolutiva dei minori? Non lo sappiamo. Come adulti con responsabilità educative non siamo disponibili a prenderci questo rischio perché abbiamo sempre creduto nella necessità di alimentare relazioni educative significative, fra adulti e minori e un coronavirus non può fermare la volontà di crescere educativamente insieme.

Dobbiamo trovare il modo di entrare in contatto con le famiglie, offrire il nostro ascolto, raccogliere i “nuovi e temporanei” bisogni educativi speciali, riorganizzare le risorse, coprogettare  micro risposte…

Non lasciamo che l’isolamento sanitario immobilizzi i legami educativi e neutralizzi la creatività e la costanza che li può alimentare.